La prima cosa bella è stato candidato come miglior film straniero all'Oscar 2011. La mia recensione su questo film è: “una stellina”. Alcune riviste traducono questo punteggio come “inguardabile”, altre come “pessimo”, altri critici più informali nella legenda indicano “meglio una pizza con gli amici”. Dopo l’ottimo Gomorra, è difficile credere che il film italiano più meritevole sia codesto (anche se non bisogna pretendere mai troppo da un premio, l’Oscar, che nel 1990 ha consegnato sette statuette a Balla coi lupi).
In breve, la storia è la seguente: una madre malata (Stefania Sandrelli) sta per andare all’altro mondo e viene circondata dai suoi cari negli ultimi gironi che le restano. E già ci si potrebbe fermare qui a discutere sulla semplicità di una trama trita e ritrita, che chiunque abbia un minimo di conoscenze di sceneggiature sa che il genitore malato, morente o morto è il primo e più facile espediente per riunire una famiglia separata da tempo.
Il regista Paolo Virzì, che io personalmente ho sempre stimato, ci conduce quindi in un viaggio temporale fatto di lunghi flashback attraverso gli occhi dei due figli interpretati da Valerio Mastrandrea e Claudia Pandolfi. Quel che ne esce fuori è un film di una noia pazzesca, e di una tristezza degna del neorealismo italiano, senza però la veridicità della prova attoriale simbolo di quel cinema. Infatti per tre quarti di film uno non vede l’ora che la vecchia schiatti così da poter tornarsene a casa a portare fuori il cane, o a giocare a Pro Evolution.
Se i film di Virzì in passato si erano fatti notare proprio per l’autenticità della recitazione (mi vengono in mente i toscanacci di Ovosodo o i siciliani di My name is Tanino) in La prima cosa bella i romanissimi Mastrandrea, Ramazzotti e Pandolfi, si prodigano in una pessima prova di livornese applicato. I dialoghi sono tutto un “Oh bellino tu sei”, “Suvvia piccina”, “Fallo a modino”, eccetera eccetera. Quando il vero abitante di Livorno è assai meno docile nei modi, anzi, il toscano in generale è ben noto per il suo smoccolare e smadonnare a iosa. Con questo non voglio dire che il film avrebbe dovuto essere blasfemo, però risulta come se i personaggi fossero avvolti da un’aura docile che del mero e simpatico grezzume livornese ha ben poco.
Da non tralasciare è la colonna sonora che fa da sfondo al tutto. Malika Ayane (solita cantante italiana che fa la solita musica italiana che parla dei soliti amori italiani) canta un brano che ha lo stesso titolo della pellicola. Si tratta di una reinterpretazione di una vecchia canzone di Nicola di Bari e Mogol. Un accenno al testo, poi ognuno pensi quel che vuole: “La senti questa voce/chi canta e` il mio cuore/amore amore amore”...
E comunque, tornando a Virzì, a sostegno di ogni mia tesi rimane sempre il punto numero uno: questo film è pallosissimo. Ma se alla fine dei conti La prima cosa bella dovesse veramente diventare l’erede de La vita è bella di Benigni e riuscire là dove Gomorra non è riuscito, ciò sarà l’ennesima riprova di quanto il nostra cinema faccia pena.
In breve, la storia è la seguente: una madre malata (Stefania Sandrelli) sta per andare all’altro mondo e viene circondata dai suoi cari negli ultimi gironi che le restano. E già ci si potrebbe fermare qui a discutere sulla semplicità di una trama trita e ritrita, che chiunque abbia un minimo di conoscenze di sceneggiature sa che il genitore malato, morente o morto è il primo e più facile espediente per riunire una famiglia separata da tempo.
Il regista Paolo Virzì, che io personalmente ho sempre stimato, ci conduce quindi in un viaggio temporale fatto di lunghi flashback attraverso gli occhi dei due figli interpretati da Valerio Mastrandrea e Claudia Pandolfi. Quel che ne esce fuori è un film di una noia pazzesca, e di una tristezza degna del neorealismo italiano, senza però la veridicità della prova attoriale simbolo di quel cinema. Infatti per tre quarti di film uno non vede l’ora che la vecchia schiatti così da poter tornarsene a casa a portare fuori il cane, o a giocare a Pro Evolution.
Se i film di Virzì in passato si erano fatti notare proprio per l’autenticità della recitazione (mi vengono in mente i toscanacci di Ovosodo o i siciliani di My name is Tanino) in La prima cosa bella i romanissimi Mastrandrea, Ramazzotti e Pandolfi, si prodigano in una pessima prova di livornese applicato. I dialoghi sono tutto un “Oh bellino tu sei”, “Suvvia piccina”, “Fallo a modino”, eccetera eccetera. Quando il vero abitante di Livorno è assai meno docile nei modi, anzi, il toscano in generale è ben noto per il suo smoccolare e smadonnare a iosa. Con questo non voglio dire che il film avrebbe dovuto essere blasfemo, però risulta come se i personaggi fossero avvolti da un’aura docile che del mero e simpatico grezzume livornese ha ben poco.
Da non tralasciare è la colonna sonora che fa da sfondo al tutto. Malika Ayane (solita cantante italiana che fa la solita musica italiana che parla dei soliti amori italiani) canta un brano che ha lo stesso titolo della pellicola. Si tratta di una reinterpretazione di una vecchia canzone di Nicola di Bari e Mogol. Un accenno al testo, poi ognuno pensi quel che vuole: “La senti questa voce/chi canta e` il mio cuore/amore amore amore”...
E comunque, tornando a Virzì, a sostegno di ogni mia tesi rimane sempre il punto numero uno: questo film è pallosissimo. Ma se alla fine dei conti La prima cosa bella dovesse veramente diventare l’erede de La vita è bella di Benigni e riuscire là dove Gomorra non è riuscito, ciò sarà l’ennesima riprova di quanto il nostra cinema faccia pena.
3 commenti:
mah, a me è piaciuto. non evita i classici espedienti da commedia famigliare all'italiana che di solito non mi piacciono e non è un film perfetto, però mi ha emozionato.
capisco però che se in effetti la scintilla non scatta può anche benissimo essere considerato una palla :)
sai cosa? io sono un grande fan di virzì, ho tritato fino a sapere le battute a memoria i ovosodo, ho riso da pazzi con my name is tanino, sono rimasto colpito da tutta la vita davanti (mi è piaciuta anche la ferilli pensa un po'te!), e mi sono trovato di fronte ad una cosa nuova. non il classico film di virzì ma un film triste e pesantuccio. forse è stata la sorpresa, il fatto di non avere mai riso mezza volta, non saprei. anche perchè a saperlo prima non l'avrei manco visto, non mi piace quel genere di film. però preferivo i suoi precedenti lavori. e diciamo che questo post è anche un avvertimento ai fan di virzì old school.
A me il film è piciuto. Non tantissimo, non tanto per la storia o i personaggi (che poi la Ramazzotti proprio non la reggo! come mai dicono sia così brava non capisco... ma qui si può anche capire perché) quanto per il racconto, le immagini. Però, come anche tu ti riferisci ai vecchi lavori del regista, con il Virzì di una volta ha poco a che fare. Non m'è sembrato un film di Virzì. Bho.
Però non m'ha annoiato. L'ho guardato più volte (anche se sinceramente, al posto della Ramazzotti vorrei vederci qualc'un altro!)
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